|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
Saggi e testi online |
|
|
|
|
|
Visits since 10 July '98 |
|
|
|
|
|
« indietro
Semicerchio XXXVII (2007/02) La forma chiusa. Poesia dal carcere. pp.23-24
a cura di Gabriella Macrì
Dagli anni della Resistenza all’ultimo, settennale, regime dei colonnelli (1967-1974) poeti come Manolis Anagnostakis, Aris Alexandru, Tassos Livaditis, Kostas Kulufakos, Ghiannis Ritsos, Titos Patrikios sono stati deportati, confinati e qualcuno è stato anche torturato1. Ritsos ha pagato più di tutti per le sue idee politiche, con lunghi periodi di detenzione testimoniati in molte raccolte poetiche in cui narra gli stati d’animo, la sporcizia, le torture, la paura, l’isolamento, la nostalgia della famiglia, la solidarietà con gli altri detenuti, la morte, la solitudine, la memoria. La scrittura è immediata, il verso lungo e il fraseggio disteso invitano alla riflessione2.
Da I quartieri del mondo - Prima parte
|
La silenziosa notte cammina nei quartieri,
nei vicoli strascina le sue scarpe sfondate; il tacco picchia a un tratto su una pietra come picchia alla porta il calcio del fucile. Il silenzio è opprimente. Le case si stringono una [accanto all’altra come si stringono le mani dei deportati quando la grande chiave gira nella toppa. Silenzio. Non ti muovere. Le stelle con le punte sui tetti. Non ti muovere. Lentamente svaniscono come passi del plotone militare. Sorgerà l’alba.
|
Da Diario dal confino, III
|
3 MAGGIO
Gli uomini stanno al sole si tolgono la giacca gli scarponi diventano stretti ai soldati sudano le ascelle. Strofini fra le dita un po’ di timo. Così piano piano invecchiamo sulla seconda morte.
|
Da L’architettura degli alberi
|
Riconosco questi letti di ferro senza materasso, queste sbarre dove scorre il gelo come la paura nelle vene degli uomini. Riconosco quest’odore di umido come un serpente che [striscia l’odore del logoro abito di lana come l’aria racchiusa nell’ascella della storia. Conosco il contatto del ferro sui polsi come il brusco interrompersi d’un canto notturno. Conosco questo buio delle prigioni che fa rabbrividire come l’avvicinarsi d’una belva feroce. Conosco questo silenzio prima della tortura, il silenzio nella tortura, quando l’aria vibra come una [domanda ferita che non ha risposta. Conosco questo silenzio dal volto pesto. Questo silenzio dopo la tortura. Questo silenzio dalle tempie sanguinanti. Questo silenzio che stringe i denti. Questo silenzio in piedi, simile a un grido assoluto: [Libertà o Morte. E poi questo silenzio che sta per sorridere con la bocca [insanguinata.
|
NOTE
1 Vedi l’antologia a cura di Cristino Sangiglio, Poeti greci della libertà, Roma, Savelli 1976. 2 Di Ritsos si può leggere, in traduzione italiana, Pietre, Ripetizioni, Sbarre, a c. di Nicola Crocetti e Introduzione di Louis Aragon, Milano, Crocetti 2004, a testimonianza del periodo trascorso in carcere e poi al confino nell’isola di Samos durante la dittatura dei colonnelli del ‘67. 3 Ghiannis Ritsos, «I ghitoniès tu kosmu» (I quartieri del mondo) poesie scritte nel 1949-1951, in Ta epikerikà (Poesie civili), Atene, Kedros 1987, p.11. 4 Id, «Imerologhio exorìas, III» (Diario dal confino, III) poesie scritte nel 1948-1950, in Ta epikerikà, cit., p. 247. 5 Id., «I architektonikì ton dendron» (L’architettura degli alberi) poesie scritte nel1958, in Ta epikerikà, cit., p. 348.
¬ top of page
|
|
|
|