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Semicerchio XXXVII (2007/02) La forma chiusa. Poesia dal carcere. pp. 67-68
da Easy living
Persino i morti ci colmano di continue gentilezze. Lawrence Durrell
Chet Baker
Per la voce di femmina e il dente rotto che stona nella tromba. E imparare di nuovo la pazienza ripetere il talento all’indietro, dal silenzio come un bambino costretto a scrivere cento volte sono stato cattivo sul quaderno. Per gli occhi girovaghi e imprecisi e le parole come lacrime, quando la tromba china la testa. Per il whisky che lava via la dolcezza dalla gola e dalle mani quell’ultimo panorama, nitido d’Olanda con l’incertezza di essere e non essere, figlio degenere che dopo il volo ha ereditato il regno.
Marina Cvetaeva
Nel volo, nel marcio nelle linee di orizzonti inconosciuti nelle ossa bianche che ricordano la stagione in cui la lingua tua diceva le stesse cose, quelle stesse cose piene di grazia maledetta pesate nel piombo della stampa. Tu madre volante, con le ginocchia ferite sei stata una gabbia che palpita nel torace pieno di sonagli e fazzoletti gonfi di vento a sventagliarmi di parole. Che il mio amore di oggi possa mettere la terra tra i tuoi piedi e lo sgabello di allora e tu non abbia a morire mai più. Che tu non muoia più. E la notte coltivi l’alimento dei tuoi fiati ridetti e rimasticati rimpolpati dalle letture. Sopra il grave del mondo un sorriso ti colga l’argento dagli occhi e ti faccia felice un momento per tutta la gioia che hai detto.
Elizabeth Siddal
L’acqua ha sciolto le carezze come il nodo di una treccia, ondate di capelli e dita, sulla schiena. L’acqua ha aperto il mazzo e sparso i fiori sui ricami dell’abito, la mappa dei fili d’argento entrati e usciti dalla trama zampe di paguro su strisce di sabbia scura. L’acqua è gelata, Elizabeth è in secca ora, una barca da calafatare. Sopra il letto le mani impugnano la resa tengono la parola di saluto. Ora lei è diventata quel segno ha ripetuto il silenzio d’Ofelia l’anticipo preso al destino. Ha ricordato col veleno la sua posa migliore e compreso come i fiori nei secoli abbiano ragione del marmo possano confonderlo, arrabbiarlo. Come i colori possano prendere l’anima e lasciarti in petto, il buco di una tavolozza bianca.
Jeanne Hebuterne
Due giorni Jeanne per la vanga e per lo scavo accanto una scatola matrimoniale. Due giorni per affiancarlo e salutare, dimenticare a terra la bambina. Modì l’ha mangiato la tosse, la polvere di marmo e l’ostinazione di due. Lui era la sola vita possibile, quella amata, il sangue trasfuso. Tu eri più vera dei disegni e in anticipo sulle loro scelte. Con l’ovale geometrico, gli occhi sghembi e il collo di cigno che si curva con tutte le linee in accordo alle sue, quelle che regalava ai ritratti degli altri… Smentendoli professando te. Persino la scriminatura tornava tracciata da anni di pettine severo. Tornavano le mani sottili lo sguardo senza pupille. La carne della sua pittura eri e lui da solo, il sole meridiano della Francia l’accento morbido di vocali la tua colpa contro la famiglia… La ribellione dei capelli lo sposo indiano.
Nadiella Campana
Nadia io so come stavi seduta sul dondolo piegato ad ascoltare le canzoni di Alessandro. Capelli stretti nel tempo e un regalo d’ossa. La poesia aveva il ronzio di un’arpa spogliata degli angeli. Fiume interrotto da una diga di freddo. Passi che diventano corsa e una risata spezzata dalla fretta di essere puri. Suonava il cuore come il battaglio poi come un’unghia sul vetro. Non è vera la polvere ma la linea tracciata diventa un crollare di stelle. Scrivi al mio posto quello che rimane al tempo. Io non conservo il volo, ma il muro delle vertebre.
Alfonsina Storni
Ho ballato il tango di Alfonsina e il mare la musica che ha inseguito la costellazione dei suoi passi, lei sposa bagnata di un amante che tiene senza lacci. E col suo matrimonio d’acqua, il suo camminare dal fondo in braccio al cielo so che non avrebbe voluto morire. Cercava una linea inaspettata che confondesse il calcolo redatto dei giorni, la scrittura sgrammaticata della malattia. Il mare, coperta sbucciata l’ha amata. Come un anticipo sul volo dei desaparecidos sulla stessa acqua che nasconde. Nemmeno loro, granelli di scorie celesti gettati nel mar de la Plata avevano sognato di morire.
Salvador Allende
La radio parlava con la voce di tutto il paese. Restate nelle case diceva. Non vendicatemi, non rischiate la vostra vita. E il generale cane bussava alla porta con il tocco rallentato dei carrarmati e dentro al palazzo, segretarie e impiegati diventavano eroi con la camicia a becchi lunghi di tutti igiorni degli anni settanta. Verranno a prendermi i traditori, gli assassini. ripeteva con calma, armando la pistola presentandola alla tempia ma voi cercate di salvarvi proteggendo gli altri padri i nomi degni del suo popolo. E dopo lo sparo, quando i boia in divisa militare entrarono a raccogliere il cadavere e a sputare in faccia alla terra trovarono per gli anni a venire il corpo di un uomo vivo.
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