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Semicerchio XXXIX (2008/02) Waste Lands. Eliot & Dante. pp. 42-47
a cura di Pietro Deandrea
Era ormai da tempo che si attendeva la pubblicazione di una nuova raccolta poetica di Syl Cheney-Coker, uno dei maggiori poeti africani in lingua inglese, nato nel 1945 a Freetown (Sierra Leone). Il volume precedente, The Blood in the Desert’s Eyes (Il sangue negli occhi del deserto) datava 1990, e prima ancora erano usciti The Road to Jamaica (1969, La strada per la Giamaica), Concerto for an Exile (1973, Concerto per un esilio) e The Graveyard Also Has Teeth (1980, Anche il camposanto ha denti). Il 1990 aveva anche visto l’uscita del suo unico romanzo, The Last Harmattan of Alusine Dunbar (L’ultimo harmattan di Alusine Dunbar), un’opera con echi di García Márquez considerata fra i più riusciti esempi di realismo magico africano – benché l’autore, anche in un recente convegno torinese del Premio Grinzane Cavour, abbia sempre decisamente rifiutato questo modello. Finalmente il 2008 ci ha regalato questo Stone Child (Il bambino di pietra; Ibadan: Hebn Publishers, isbn 9789780810672), dove si ritrovano ancora i tratti distintivi dei precedenti volumi: la denuncia dei mali dell’Africa e del mondo, con una voce dal grande respiro profetico che ricorda William Blake, Walt Whitman e Tchicaya U’Tam’si. In Stone Child lo sviluppo del verso è forse più disciplinato, ma permane l’esuberanza visionaria e il gusto per l’immagine lacerante che hanno sempre contraddistinto la poesia di Cheney-Coker. Per gentile concessione dell’autore si riportano qui sotto cinque poesie della raccolta, presentate con traduzione a fronte. La prima sezione di Stone Child, qui rappresentata da The Golden Chalice e Out of the Abyss, sviluppa l’evocativa immagine del titolo, lamentando la devastazione delle nuove generazioni a causa della Guerra Civile scatenata dagli interessi internazionali per le risorse diamantifere della Sierra Leone.Ancora una volta, il deserto si fa metafora dell’inaridimento progressivo della società umana. Il problema di rappresentare l’orrore dell’indicibile si lega costantemente all’interrogarsi sul proprio ruolo di poeta, come in Homage to Stone Child (p. 2):
Sex slaves, orgies; outraged guttural ancestors: the images are sacrilegious, but do not compare with you, nameless child, whose innocence lights a candle in our tenebrous age. I try to forget the world’s indulgence in this crime, sleep with a glass of wine, terrified of your voice, but it is only to see your face, at century’s end, showing us up the blight on a continent [Schiavi sessuali, orge; l’oltraggio di antenati gutturali: le immagini sono sacrileghe, ma non paragonabili a te, bambino senza nome, la cui innocenza accende una candela nella nostra era di tenebra. Cerco di scordare l’indulgenza delmondo verso questo crimine, dormo con un bicchiere di vino, terrorizzato dalla tua voce, ma solo per vedere il tuo volto, alla fine del secolo, condurci lungo la rovina di un continente]
È un dilemma ricorrente, come si vede anche in Letters from Home (p. 21):
Fifteen billion dollars were the worth of the stones taken from the panning of our rivers over fifty years, but all they have given me to write about are the glint of cutlasses, vertiginous limbs that leap in my sleep: the sad country a beggar’s supplication untuned in its wretched composition. [Quindici miliardi di dollari erano il valore delle pietre prese dal lavaggio dei nostri fiumi per cinquant’anni, ma tutto ciò che mi hanno dato da scrivere è il luccichio di coltellacci, arti vorticosi che mi guizzano nel sonno: il triste Paese la supplica di un mendicante stonata nella sua miserabile composizione.]
Il dilemma poi coinvolge molto direttamente anche il vissuto personale dell’autore, e la sua lunga permanenza accademica negli Stati Uniti – inclusa LasVegas, beffarda versione occidentale del deserto africano:
Stone dance: it was not for me to learn its rhythm, so I came to where the desert is a glitz of marble and neon; purple and red fantasies that cannot be trompe l’oeil; (Old Rites, New Mirrors, p. 30)
[Danza di pietra: impararne il ritmo non faceva per me, così son venuto dove il deserto è sfarzo di marmo e neon; fantasie porpora e rosse che non possono essere trompe l’oeil;]
Questo lato biografico della raccolta riemerge nei numerosi riferimenti alla letteratura e cultura occidentale, come nel dialogo intertestuale con la poesia Into the Twilight di William Butler Yeats nella seconda poesia tradotta qui sotto. La seconda parte del volume, qui rappresentata dalle altre tre poesie, raccoglie poi componimenti più sparsi. Ci sono versi dedicati a grandi personalità delle arti africane (come l’artista Chris Ofili e la sua trasgressiva Santa Vergine Maria, Niyi Osundare scampato all’uragano Katrina, Wole Soyinka celebrato per i suoi 70 anni), o ad altri grandi tragedie come ilMedio Oriente e l’11 settembre.Ma il filo rosso di questa parte sembra essere ancora la figura autobiografica del poeta in esilio, velata di una malinconia che raggiunge il suo apice nella toccante rievocazione della moglie, colpita da un cancro:
Nothing prepares us for the un-symmetry of God, for this [cruel hand, when, even after Pelvic Exoneration, you were [uncomplaining, deprived of much that is woman from the chemo that [sapped you like a reluctant banana transplanted from the Tropics to [Antarctic. (To My Wife Dying of Cancer (1), p. 70) [Nulla ci prepara per l’asimmetria di Dio, per questa mano [crudele, quando, anche dopo la Pelvectomia, non ti lamentavi, privata del molto che rende donna dalla chemio fiaccante, come una banana riluttante trasportata dai Tropici [all’Antartico.] In the end, nothing really matters this side of our knowledge. The needled joy of life is all we have; sometimes a syrupy [female kiss of happiness on the lips; or the gentle eyes of a golden retriever waiting at your door to welcome you home. (Widow(er)hood, p. 98) [Alla fine, nulla davvero importa su questa sponda del [nostro sapere. L’ago della gioia di vivere è tutto ciò che abbiamo; [talvolta uno sdolcinato, femminile bacio di felicità sulle labbra; o gli occhi gentili di [un golden retriever che attende sulla porta di casa per darti il [benvenuto.]
Pietro Deandrea
NB: alcuni versi delle poesie riportate qui sotto sono stati poi modificati dall’autore per la pubblicazione in volume. Ho ritenuto di mantenere il testo che Cheney-Coker mi aveva inviato per «Semicerchio», prima dell’uscita di Stone Child, perché in alcuni punti mi parevano più incisivi della versione finale, ma anche per regalare ai lettori di «Semicerchio» una versione inedita, per quanto molto parziale.
THE GOLDEN CHALICE
Without those lustful diadems of diamond to crown, majestic, our sinful heads, the pestilential hunger dies; our carnality is sheathed, and the gem diggers sleep quietly in the peaceful rivers of [the gods. Still the cup of life tastes sour in the orphans’mouths:
Children of your creation, all, God, their last hope was your golden chalice. Now it is bitter and inchoate, even as they pray for your great presence. Fervent believers all, they were singing those meandrous [songs
that did not reach your ears: it was a ritual; ah, the [Wretched of The Earth- those not so very innocent children of Sierra [Leone!
Waking up from those persistent nightmares in their souls, they went seeking your hands, but all they saw, sculptured in skeletal form, was this new frieze that stinks! Proud profiles: the earth shook from the beating of their [chests, and becoming children once again, they adorned their [foreheads to look innocent; but a rogue leader sold their laurels to a [thirsty Sahara, where a djinn swallowed them when no saints were [watching.
Going without those laurels to a distant land a furnace was blazing in their souls, a cold breeze kissed [their foreheads; but all that awaited their mouths were the empty cups of [dreams. On a cloudy horizon, Christ sat watching their profuse [deliriums.
Stubborn souls: their sacred thirst was our blazing desert; Staggered by the sun, their epiphany was a slow walk to an [oasis, because that cursed palm tree in Sierra Leone has no milk! Nonetheless, the gem river that was poisoned is singing once again about fresh, clear water; and I, lustful like a crab, throw my arms around those [children.
My soul was that river on whose fiery banks the orphans sang relentlessly for their lost mother. Now I am waiting for a songbird to come in the morning with a trill from its golden voice to [ease their pain, as they return, gasping, to that cup of Christ that is [the river!
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IL CALICE D’ORO
Senza quegli avidi diademi di diamanti a coronare, solenni, le nostre teste scellerate, la fame pestilenziale muore; la nostra carnalità è riposta, e i cercatori di gemme dormono quieti nei placidi fiumi [degli dèi. Ma la coppa della vita sa sempre d’aspro nella bocca degli [orfani:
Figli della tua creazione, tutti, Dio, la loro ultima speranza era il tuo calice d’oro. Ora è amaro e incompiuto, anche mentre pregano per la tua grande presenza. Fervidi credenti tutti, cantavano quei canti sinuosi
che non giungevano alle tue orecchie: era un rituale; ah, [I dannati della terra - quei figli non così tanto innocenti della Sierra [Leone!
Risvegliandosi da quegli incubi ricorrenti nell’anima, andavano in cerca delle tue mani, ma videro solo, scolpito in forma scheletrica, questo nuovo fregio puzzolente! Fieri profili: la terra tremò per quel loro battersi il petto, e tornando ancora bambini, si adornarono la fronte per sembrare innocenti; ma un leader canaglia ne vendette l’alloro a un Sahara assetato, dove un ginn li inghiottì quando non c’erano santi a [guardare.
Senza l’alloro in una terra lontana una fornace avvampava l’anima, una fredda brezza li baciò [in fronte; ma tutto ciò che attendeva le loro bocche erano vuote tazze [di sogni. Su un orizzonte velato, Cristo sedeva a guardare i loro [deliri copiosi.
Anime testarde: la loro sete sacra era il nostro deserto [ardente; storditi dal sole, la loro epifania fu un lento camminare [verso un’oasi, perché quella maledetta palma in Sierra Leone non dà [latte! Tuttavia, il fiume delle gemme che era stato avvelenato canta ancora di acque limpide e fresche; ed io, avido come un granchio, stringo quei bambini in un [abbraccio.
La mia anima era quel fiume sulle cui rive infuocate gli orfani cantavano incessanti per una madre perduta. Adesso attendo che giunga un canto d’uccello nel mattino, con un trillo della sua voce dorata per placare [il loro dolore, mentre fanno ritorno, ansimanti, a quella coppa di Cristo [che è il fiume!
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OUT OF THE ABYSS
‘Out-worn heart, in a time out-worn’ W. B.Yeats
We emerged, worn-out, from this abyss, a broken country: the women less tender, the men wounded, children gone [crazy, and the innocents raving naked on the night’s brutal [highways. Unlike Ireland, Sierra Leone is still a young mother: a blight of history swims in her head; her churches [smolder, and a blasphemous hand profanes the prophet’s beard.
Worn-out, new ceremonies await us: ancestral, enigmatic, so that we can be reborn, or simply turn our inhuman [clock back. And out of this darkness gone relentlessly into slander, I need Yeats’ guiding light to show us a new path.
Women will talk once again with tenderness on their lips; and love, especially in those tragic innocents, will [grow new tendrils. Children will be back at play after their fathers, a [little healed of their wounds, have put their minds once more to [parenting. For a child’s skipping rope is always a thing of joy to me; before the sweet rain falls, slowly, on our burnt-out [dreams, when its music, always refreshing, will usher in a new dawn, and awaken that which should never die in us: the [laughter in our hearts.
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FUORI DALL’ABISSO
Oh cuore sfinito in un’età sfinita W. B.Yeats
Siamo emersi, sfiniti, da questo abisso, un paese distrutto: le donne meno dolci, gli uomini feriti, i bambini folli, e gli innocenti a delirare nudi lungo le strade brutali [della notte. A differenza dell’Irlanda, la Sierra Leone è ancora una [giovane madre: una malattia della Storia le galleggia in testa; le sue [chiese bruciano lente, e una mano blasfema profana la barba del profeta.
Sfiniti, nuove cerimonie ci attendono: ancestrali, [enigmatiche, così da poter rinascere, o semplicemente portare indietro [il nostro orologio disumano. E fuori da questa oscurità caduta implacabile nella [calunnia, ho bisogno della luce diYeats per mostrarci una nuova via. Le donne parleranno ancora con dolcezza sulle labbra; e l’amore, specialmente in quei tragici innocenti, [crescerà con viticci nuovi. I figli torneranno ai giochi dopo che i padri, un po’ guariti dalle ferite, si saranno rimessi a fare i genitori. Perché un bambino che salta la corda è sempre cosa [felice per me; prima che la pioggia gentile cada, lenta, sui nostri [sogni spenti, quando la sua musica, sempre rinfrescante, porterà un’alba [nuova, e risveglierà ciò che in noi non dovrebbe morire mai: [il ridere nel cuore.
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OLODUMARE’S* CLAY
For Niyi Osundare, after Katrina
In the generous summer, the Gods created a colourful world, rich in enigmas, from which you emerged, molded in Olodumare’s clay, to sing of market places teeming with laughter.
Whether in Ibadan, Shanghai or Bogota, or where only the Gods assemble in splendid raiment, your were their esteemed wordsmith. Plucked from an [eagle’s plumage, a pen was always at your fingers, beforeMicrosoft became [a leader.
The famished Gods spoke: your house went under Katrina; but your poems, bold and incandescent like a comet, calmed the victims’ anxiety, and stabilized the levees. You came to honour me on the Pacific: a profound aura [about you. Out of the storm’s labyrinth, you looked into a future not [fully formed, but, already, like the wisdom of the women in a Lagos [market place, you had a vision to stagger that world into harmony.
And, not surprisingly, given that Olodumare’s children had created the blues in New Orleans, so many [tearful moons ago, you have returned, with a poet’s lyre, always generous, even though you have lost everything, to sing for [that shocked city a wonderful song to enchant Satchmo; and also to show the professors how to teach under the [ancient trees, and help the mayor understand the enigmas of sea-gods.
* Olodumare : The Supreme Deity of Ifa: the World View of the Yoruba people of Nigeria and the Diaspora.
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LA CRETA DI OLODUMARE*
Per Niyi Osundare, dopo Katrina
Nell’estate generosa, gli Dèi crearono un mondo pieno di colore, ricco di enigmi, dal quale affiorasti tu, plasmato nella creta di Olodumare, per cantare di mercati brulicanti di risate.
Che sia a Ibadan, Shangai o Bogotà, o là dove solo gli Dei si raccolgono in splendide vesti, tu eri il loro stimato fabbro di parole. Colta dal piumaggio [di un’aquila, una penna ti stava sempre fra le dita, prima che [comandasse Microsoft.
I famelici Dèi parlarono: casa tua finì sotto Katrina, ma le tue poesie, spavalde e incandescenti come una [cometa, calmarono la pena delle vittime, e stabilizzarono gli argini. Sei venuto ad onorarmi sul Pacifico: attorno a te un’aura [profonda. Fuori dal labirinto dell’uragano, guardavi dentro un futuro [informe, ma già, come la saggezza delle donne in unmercato di Lagos, avevi un sogno per sconcertare il mondo verso l’armonia.
E, non sorprendentemente, dato che i figli di Olodumare avevano creato il blues a New Orleans, così tante tristi [lune fa, sei ritornato, con una lira da poeta, sempre generoso, anche se hai perso tutto, a cantare per quella città sconvolta un canto meraviglioso da stregare Satchmo; e anche per mostrare ai professori come si insegna sotto alberi [antichi, ed aiutare il sindaco a comprendere l’enigma degli Dèi [del mare.
* Olodumare: divinità suprema di Ifa, la visione del mondo del popoloYoruba in Nigeria e nella Diaspora
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SEPT 11, 1973 & 2001
Tupac Amaru,* the jaguar no longer roams all over your America, the oilrigs smear its path; in halting Spanish, the tourists came looking for its footprints in the snow; ah, golden legend of the Incas but not for Augusto Pinochet wearing Cortez’s epaulettes on September 11, 1973, to silence Allende’s defiant voice and burn Neruda’s books, the handcuffed Commies later dropped into the cold Pacific.
In English, the horror would repeat itself: September 11, 2001, the murderous birds of Al Qaeda swooping down on the twin towers of Whitman’s America to tear at Lady Liberty’s heart, leaving the world flummoxed that life is this insanity: your god, my god, they are not the same!
Doomed firemen and equally robotic policemen: with so many lives inside, they did not identify Jews, Moslems, Hindus, Christians, Taoists, Buddhists, Shangoists, or even the pagan poets, but rushed into the towers, headstrong with valor. On that day, New York, you were an icon, the world your widow; the old Russian woman, her shoulders barely draped, tossed roses into the Volga, while the poets in Dakar plucked their Kora for you.
Impetuous city of the twenty-four hour coffee, in so much as we love them, let us mourn the dead with eloquence, guard their memories, but leave them undisturbed at ground zero. In Arcadia, they have no use for fiery rhetoric, misplaced glories and blunt platitudes!
Inspired by our songs, they will return in the Hudson on a blissful, sunny day, de Kooning’s hand trembling to cover the pavements and subway in bold, daring colors; forever, New York: crazy phoenix in your vibrancy. Duke Ellington and Lenny Bernstein reminding us about what a wonderful vision you inspire!
* Tupac Amaru: the leader of a failed Inca rebellion against the Spanish in 1780. He was captured and pulled apart by four horses, in the plaza at Cuzco, Peru.
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11 SETTEMBRE, 1973 & 2001
Tupac Amaru*, il giaguaro non vaga più per tutta la tua America, le trivelle gli sporcano il sentiero; in spagnolo incerto, i turisti venivano a cercarne le orme nella neve; ah, leggenda dorata degli Inca, ma non per Augusto Pinochet che indossava le spalline di Cortez l’11 settembre 1973, per zittire la sfida della voce di Allende e bruciare i libri di Neruda, i Rossi ammanettati poi gettati nel freddo Pacifico.
In inglese, l’orrore si sarebbe ripetuto: 11 settembre 2001, gli uccelli assassini di Al Qaeda che piombano sulle Torri Gemelle dell’America diWhitman per strappare il cuore a Lady [Libertà, lasciando il mondo nello sconcerto di fronte a questa [follia che è la vita: il tuo dio, il mio dio, non sono lo stesso!
Pompieri condannati e poliziotti altrettanto robotici: con tutte quelle vite là dentro, non hanno identificato ebrei, musulmani, hindu, cristiani, taoisti, buddisti, shangoisti, o persino i poeti pagani, ma sono corsi nelle torri, valorosi e caparbi. Quel giorno, NewYork, tu eri un’icona, il mondo la tua vedova; l’anziana donna russa, le spalle appena coperte, gettava rose nel Volga, mentre i poeti a Dakar pizzicavano la kora per te.
Città impetuosa dai caffè aperti ventiquattr’ore, se davvero li amiamo, lasciaci compiangere i morti con eloquenza, custodirne i ricordi, ma lasciali tranquilli a Ground Zero. Nell’Arcadia, non sanno che farsene di ardente retorica, onori mal riposti e torpide banalità!
Ispirati dai nostri canti, torneranno sull’Hudson in un felice giorno di sole, la mano di De Kooning che trepida per ricoprire marciapiedi e metrò di colori nitidi e audaci; per sempre, NewYork: pazza fenice pulsante. Duke Ellington e Lenny Bernstein a ricordarci quale meravigliosa visione tu ispiri!
* Tupac Amaru: leader della fallita ribellione Inca contro gli spagnoli, 1780.Venne catturato e squartato da quattro cavalli nella piazza di Cuzco (Perù).
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A SIMPLE LESSON
A pair of cardinals flew into a tree, frightened, but there was so much light, so much plumage! I stand near a patch of grass, sad, watching those [birds bristle on that tree, my head full of incomprehension about the silence of the world’s conscience over this carnage mid-wifed in the Middle [East.
Seeing those frightened birds, I go on thinking that each epoch has its poet; tender, angry, prophetic, sometimes enigmatic: a narrative of all our disasters and [triumphs flowing from his pen, for the sons and daughters to read, while the cities, ghost-like, burn like the tatters of their [dreams.
Relentlessly, the glacials melt from our un-symmetry; horrified, we watch Kilmanjaroo melting like a [drunken giant. Always patient, a faithful dog expects a fat bone. After [a bold insistence, a river widens its course through the narrow forest of time. That is why, sick of their military grandiloquence, I turn my back on the tin gods who, emboldened by an [awkward trident, forget that it is the mangy dog that sometimes kills the [leopard!
Syl Cheney-Coker
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UNA SEMPLICE LEZIONE
Un paio di cardinali rossi son volati su un albero, [spaventati, ma c’era così tanta luce, così tante piume! In piedi accanto a uno spiazzo d’erba, guardo triste [quegli uccelli arruffati sull’albero, la mente piena d’incomprensione per il silenzio della coscienza del mondo su questo massacro partorito in Medio Oriente.
Nel vedere quegli uccelli spaventati, continuo a pensare che ogni epoca ha il proprio poeta; tenero, arrabbiato, [profetico, talvolta enigmatico: un racconto di tutti i nostri disastri [e trionfi gli sgorga dalla penna, perché lo leggano i figli e le figlie, mentre le città, spettrali, bruciano come i brandelli dei [loro sogni.
Incessanti, i ghiacciai si sciolgono per la nostra [asimmetria; inorriditi, guardiamo il Kilimangiaro sciogliersi, come [un gigante ubriaco. Sempre paziente, un cane fedele attende un osso [succulento. Dopo un’audace ostinazione, un fiume allarga il proprio corso per la stretta foresta [del tempo. Ecco perché, stufo della loro militare magniloquenza, volto la schiena agli dèi di latta che, spronati da uno [scomodo tridente, dimenticano come qualche volta il cane rognoso uccida [il leopardo!
(Traduzioni di Pietro Deandrea)
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19 settembre 2024 Il saluto del Direttore Francesco Stella
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30 settembre 2023 Il saggio sulla Compagnia delle Poete presentato a Viareggio
11 settembre 2023 Presentazione di Semicerchio sulle traduzioni di Zanzotto
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21 giugno 2023 Tandem. Dialoghi poetici a Bibliotecanova
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