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DONATELLA BREMER, GIOVANNA TOMASSUCCI (a cura di), Szymborska, la gioia di leggere. Lettori, poeti, critici, Pisa, Pisa University Press, 2016, pp. 155, € 15,00.

Mutuando il titolo dal Convegno dedicato alla poetessa Wisława Szymborska tenutosi a Pisa il 12 e il 13 febbraio 2014, il volume – curato da Donatella Bremer e Giovanna Tomassucci – raccoglie gli interventi di studiosi, traduttori e scrittori intorno all’opera della poetessa, snodandosi in una narrazione per tappe intorno alla straordinaria popolarità delle opere di Szymborska in Italia. Il volume si apre con un saggio dell’artefice della fortuna delle opere di Szymborska in Italia Pietro Marchesani, che svela i retroscena della sua officina di traduttore. Facendo appello alla vasta gamma di metafore, quella che più corrisponde alla sua sensibilità e tratta dai versi di un altro poeta polacco, Zbigniew Herbert, ovvero quella di «calabrone sgraziato» che si muove spostandosi dal margine al centro del petalo. Narra le difficoltà ma anche il fascino di trasportare le parole da una lingua a un’altra, riportando anche un divertito e ironico atteggiamento di Szymborska nel valutare migliori le poesie tradotte in lingua italiana.
L’intervento di Laura Novati ripercorre,
partendo dalla copertina di un libro dedicato alla memoria di Pietro Marchesani, la storia dell’editoria italiana intorno alla pubblicazione delle opere di Wisława Szymborska, inseguendo anche le immagini – che arricchiscono l’intervento – delle raccolte edite in Italia. Il successivo gruppo di scritti è costituito da tre interventi degli amici della poetessa polacca – Jarosław Mikołajewski, Ewa Lipska, Michał Rusinek – e si interroga sulla fortuna delle opere di Szymborska in Italia. Mikołajewski, ex Direttore dell’Istituto Polacco a Roma, ricorda i viaggi dell’amica attraverso i cappelli da lei indossati. Progetti e ricordi si intersecano delineando anche il volto privato di questa straordinaria poetessa, i cappellini che indossava e quelli che aveva perduto come il suo amato kapelutek sulla cima dell’Etna, le cene in cui organizzava dei giochi, le «lettere meravigliose» e «i suoi collages» che erano «una sorta di testo. C’era sempre un’allusione a un certo frammento, a un certo momento della vita» (p. 59). Segue poi un mosaico di letture da poeta a poeta nella sezione costituita dai saggi di Anna Maria Carpi, Paolo Febbraro, Alba Donati. Emerge da questo policromatico gioco di specchi la voce inconfondibile di Wisława Szymborska che dialoga con queste altre voci poetiche. Un dialogo fecondo che fa nascere un diaframmatico interrogarsi sulle ragioni d’essere della poesia e sul significato ontologico d’esser poeti. Paolo Febbraro osserva il desiderio di continuare il vociferare della parola poetica «per prosecuzione, per integrare un’immagine o un’intuizione; ma anche per correggerle, o confutarle, magari musicalmente» (p. 71). Influssi e riflussi tra più voci, tanto che la voce di Szymborska diviene, in questo libro omaggio alla sua fortuna in Italia ma anche un elogio alla sua opera, un controcanto potente. La poetessa polacca – a detta di Alba Donati – ha i requisiti per entrare nel canone contemplato da Harold Bloom dal momento che «la sua esperienza poetica si riassume nel segno dell’esemplarità e si pone come termine di confronto per chi viene dopo» (p. 81). La penultima sezione del volume – con i contributi di Alfonso Berardinelli, Roberto Galaverni, Donatella Bremer e Giovanna Tomassucci – presenta un intervento critico corale, circumnavigazioni attorno alla poesia di Wisława Szymborska che in Italia, nonostante la fortuna, non ha riscontrato un ampio spettro di letture critiche. Una poesia complessa quanto intellettuale, ironica, che presenta una musicalità in grado di narrare questo suo «mondo delle meraviglie» che «si dilata e si contrae, dal cosmico al quotidiano, dalla preistoria all’ultimo presente, purché si rovesci l’apparenza immediata e si sappia che […] c’è sempre un “rovescio della medaglia”» (p. 90). Galaverni pone in risalto la forza eversiva della poesia di Szymborska, sempre capace di risalire e desiderosa di vivere più che di sopravvivere all’inesorabilità del tempo. Gli interventi proseguono con una lettura critica che prende in considerazione lo spectrum nominale della poesia, rilevando che «è nella non precisa aderenza tra i nomi e le cose che per la Szymborska può esistere la riflessione, il dubbio, e la poesia» (p. 118). L’ultimo intervento critico pone l’accento sull’idea che la tautologia sia la figura retorica che più esercita la sua fascinazione sulla poetessa «attratta da simili inattese ambivalenze che costituiscono la materia prima della sua poetica» (p. 135). La chiusa del volume è lasciata alla voce di Szymborska con una poesia inedita mai apparsa in Italia con il titolo Dialettica e arte (1985), che ricorda a tutti che «se dirai di sì/ avrai la possibilità/ di ripetere quella parola/ domani dopodomani sempre» (p. 143).

(Valentina Fiume)

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