« indietro MASSIMO BACIGALUPO, Grotta Byron. Luoghi e libri, Udine, Campanotto 2001, nuova ediz. 2002, pp. 206, € 15,49.
Abbiamo letto un libro che stimola la voglia di leggere, o di rileggere con occhi nuovi, altri libri. Il titolo è Grotta Byron, il sottotitolo Luoghi e libri, l’autore Massimo Bacigalupo, anglista tra i nostri maggiori. È una raccolta di scritti brevi degli ultimi vent’anni (soprattutto dell’ultimo decennio), per lo più corrispondenze o «occasioni», europee e americane, della misura adatta alle colonne dei quotidiani. Misura comunque scelta e privilegiata dall’autore come canone per un’informazione discreta, rivolta ai non specialisti, e filtrata attraverso una perfetta padronanza della materia. Al lettore viene offerta, senza troppo parere, una quantità impressionante di notizie, spesso di prima mano, per procurarsi, tramite i luoghi, una chiave di lettura degli scrittori che li hannoabitati e rievocati nelle loro pagine. Un contributo a capire che l’esistenza di un autore è inseparabile, ma con giudizio, dai suoi libri. Niente «critica pura», preoccupata solo delle Opere, né il contrario predominio del vissuto o tassativi riferimenti a teorie estetico-filosofico-letterarie. Bacigalupo non segue nessuna di queste strade ma preferisce, in un mix ragionevole d’ogni tendenza, i riferimenti allusivi che creano cortocircuiti mentali. Se deve dire qualcosa sulle radici culturali di un poeta raffinato, cerebrale e sorprendente come Wallace Stevens, assicuratore di Hartford, si limita a ricordarci che è «figlio delleepistole di S.Paolo, come tutta la cultura americana», ed è un invito a leggere la corrispondenza dell’evangelizzatore di Tarso e di lì partire per capire non solo Stevens ma anche Faulkner e tanti altri di laggiù. Il titolo prende spunto dalla Grotta Arpaia di Portovenere e dalla controversa lapide bilingue (con errore di traduzione), dove si ricorda che Byron partì di là per la sua famosa traversata a nuoto (ma chissà se davvero ci fu), fino a Lerici. L’autore ricorda che il luogo fu visitato in seguito da altri scrittori: da un ironico Henry James e da Pound che ironizza su James e scrive alcuni versi per uno dei suoi più celebri Cantos, il 49, poi cancellati e riscoperti da Bacigalupo negli archivi di New Haven. Ritroviamo nel libro tracce di molti nomi famosi: Joyce, naturalmente a Dublino ma anche a Copenhagen, Yeats a Sligo (pronunciare «Slaigo») in Irlanda ma anche a Rapallo, dove Pound fu di casa, amico della famiglia Bacigalupo e dove Hemingway andava inventando, in un giorno di pioggia, il suo stile. E poi la chiara-misteriosa Dickinson ad Amherst, Lawrence a Spotorno e a Fiascherino, vicino alla Tellaro di Soldati, Singer a Varsavia, Milosz a Cracovia, il sardonico Faulkner nella sua tutt’altro che immaginaria Yoknapatawpha, Michel David a Genova, la Ortese e Bianciardi ancora a Rapallo... Il viaggio è lungo, ciascuna tappa diventa una piccola, godibile, narrazione. Ripensandoci, è probabilmente sbagliato legare in modo così diretto, come si è appena fatto qui per semplificare, scrittori e pretesti di luoghi. Il libro di Bacigalupo è molto di più, dà spazio agli itinerari della fantasia, guida davvero, con mano lieve, alla lettura e alla comprensione.
(Carlo Vita)
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