« indietro I miosotìs, Edizioni d’If, Napoli, 2002/ 2003 (via Lungo Gelso a Toledo 53/a 80132 Napoli, e-mail: edizioni.dif@libero.it).
Questa collanina di ‘fiori di carta’, secondo quel che indica miosotìs, meno esoticamente ‘nontiscordardime’, si descriverebbe rapidamente come una collana di tutte ‘plaquettes’, smilzi volumetti a prezzi compresi tra i tre ed i sei euro. Non fosse però che dell’eleganza semiclandestina della plaquette i libricini escogitati da Nietta Caridei hanno soltanto le curate fattezze. La ‘scola’ di autori rappresentata è sufficientemente coesa, la trasmissione editoriale buona, per autorizzare, o in alcuni casi forzare, una visione sufficientemente militante della collezione. Dei testi in prosa non diremmo nulla se non fosse che la riflessione di Gabriele Frasca intitolata alla moschettiera Vent’anni di fermo volere, perché l’autore, presentando la nuova versione (riscritta) in formato e-book di quel suo primo romanzo (1987, ora www.lettoricreativi.com), facendo autocommento, insieme soprattutto fornisce, in quanto miosotìs n. 1, la carta de batalla per il resto. La difesa promozione dell’e-book, supporto librario democratico e gratuito, colloca infatti implicitamente i libricini a basso costo della collana in una dimensione intermedia tra monumentalità editoriale e la nuova oralità della scrittura web, dimensione nella quale, tra le due opzioni, essi si troverebbero nettamente più vicini alla seconda. In tal senso perfino ‘civettuole’ sembrano le quartine SMS di Bruno di Pietro, uno pseudo-caproni compresso sul minischermo/pagina del telefonino (stessa vena nell’altra raccoltina, Futuri lillà, ma con in meno la freschezza della contrainte cellulare). Della bisbetica merrywife Penelope, mito rivisitato in forma di monologo teatrale di Rosaria Lo Russo si dà conto qui a parte, e una voce altrettanto idiomatica e corposa è quella degli Sparigli marsigliesi (passar d’imago in mago fra i tarocchi) di Mariano Bàino, che tra gerghi e dialetti fornisce al solito il meglio di sé. Su questi ‘neo-gliuòmmeri’ vergati sulle celebri carte, interviene Andrea Cortellessa, che doppia il volume con un raffinato divertimento critico in cui, tra il ricordo di uno scopone e i tarocchi di Calvino, insomma incanagliendo e elzevirando, si evidenzia il carattere insieme popolare («la ribalda autonomia del significante») e araldicamente alto (per nobiltà di tradizione) della lingua reinventata da Bàino. Una oralità molto diversa è quella della conversazione mondano intelligente («just a New-York conversation rattling in my phone») aperta a ‘spacchi’ di affettività, in Sag Harbor di Nicola Gardini. La forma sonetto taglia allusivamente la sostanza del vissuto, senza volontà di incidere (del sonetto si mantiene la definizione grafica per quartine e terzine, ma praticamente senza l’‘aggressione’ delle rime), sfumando anzi nella musa bianchissima e high fi della nostalgia («entravo quando mi piaceva / sbagliavo sentimento»). Rivolto quasi maniacalmente all’esecuzione è il coro-monologo stream di Tommaso Ottonieri, Coro da l’acqua, per voce sola, in cui ogni rappresentazione del ‘magma’, e soprattutto il lapsus, è in funzione di una liquida pronuncia madrigalesca («e degli spazî e illunescenti, e lèttrici...»). La banalissima locuzione presa per titolo della raccolta è la cellula musicale attorno alla quale sono costruiti molti testi di Chissà (poesie 1999-2000) di Giuliano Mesa. Secondo la tecnica dell’impromptu, e con la solita felicità prosodica e lessicale (si immagini quasi un petrarchismo meno selettivo), l’incalzare delle variazioni si bagna in un’aria di fado («qui una atmosfera, una saudade»), ricerca sugli intrecci (linguistici) di destino e trivialità («la sacca, la risacca, il vento, / il dove, il dove mai sarà»). La collusione col web è infine ribadita dal libello dei 40 poeti per il 21 marzo 2003, poesie già in rete in occasione della giornata della poesia istituita dall’Unesco. La sua fragilità letteraria, più che giustificabile, dato lo statuto strettamente d’occasione, mette tuttavia in luce il limite del rapporto dei libretti con i supporti di rete. Quello che sta bene sugli schermi stenta a monumentalizzarsi nella pagina (il problema è semmai, vedi Frasca citato, quello di monumentalizzare gli schermi). Sembra insomma che questi fiori di carta, esaurite le figure ‘confidenziali’ delle periferiche del libro (tarocchi, SMS, fiori), potranno sfuggire al rischio di ‘origamizzarsi’ insistendo proprio sull’aspetto qualitativo di ‘scuola’, continuando a provocare interventi di scrittori di esperienze già tanto coese con licenza di invitare ‘ospiti eleganti’ (qui Gardini), staccando sequenze ‘finite’ da opere in movimento, facendo insomma, con tutto il bel coraggio che ci vuole, soprattutto libri (per libri, da libri, su libri: libri).
Fabio Zinelli
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