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FRANCESCA MATTEONI
TRITTICO DELL’ACQUA
Si curveranno i vivi alle sorgenti, diranno: "Chi spinse verso noi l’acqua da occulte vene del mondo?" Margherita Guidacci
I (rusalki)
Per annegarvi continuamente nel panno fradicia pelle acqua indocile indifferente acqua fiore risucchia le nubi sui pavimenti torrente scanalati deserti d’acqua morta l’alga torta impressa piccole dita capelli croste di secoli appesi al secchio – Acqua zingara cerchio di sorte acqua taglio di pietra sgorgante. L’acqua è il segreto di chi muore l’amuleto del viandante il gorgoglio diffuso della notte. Si leva difforme affonda scorre. Come dita allacciate alla gola come voce sonnambula implora come dolce saliva divora. L’acqua fin giù nella pancia s’occulta negli occhi e fra i denti. Canto di donna che afferra. Radice obliqua alla mia terra.
Guado acque furiose, affonderò senza che nessuno mi salvi. RHODA ne Le Onde, Virginia Woolf
II (Virginia)
Spesso lungo il fiume mi sono seduta e ho visto il pietrame del volto come uno specchio rotto fluire al fondo e poi ricomposto un fiotto di voci sillabe gocce. Tutte le cose muovono all’acqua i sassi bianchi la riva dei mari le infanzie pozzanghere gonfie di passi code di pesci e luce in trasparenza rovente così tanta luce nelle mie viole – le porto in dono stamani al mio nome – nei silenzi morsi d’inchiostro sangue solo per me la schiuma selvaggia di rami abbattuti di strada portata alla fine. Trabocca sciamando la mente mia cruda. L’erba vuota mi strappa la vita mentre guado la furia dell’acqua dissolta scritta su ogni sabbia sarò estinta al cadere dell’onda sarò salva.
Nostra Signora dei Naufraghi va verso l’orizzonte, Le sue vesti di marmo sventolanti all’indietro come ali. Sylvia Plath
III (morgana)
Un lungo strepito e poi levigare d’ombra la roccia un cucchiaio di sale nella tazza sbreccata del mare il mio petto riaperto a ogni flusso sommerso. Non sono io a temere il profilo di ogni morto aggrappato a un relitto un digrignar di cani le anime più dense mi scrollo dalle braccia senza fame. E finis terrae e angosce dirupate rotolano a chiudermi il calcagno ma sempre altrove l’occhio come marmo sul tempio senza dio delle mie brume un campo di cotone rarefatto un dissipar di fiati lento e vasto.
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