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FULVIO SENARDI (a cura di), Scrittori in trincea. La letteratura e la grande guerra, Roma, Carocci 2008, pp. 152, € 16,50

A novant’anni dalla conclusione della Grande Guerra, il 23 aprile del 2008, l’Istituto Giuliano di Storia e Documentazione e il liceo statale Galileo Galilei del capoluogo giuliano hanno chiamato diversi studiosi di storia delle letterature europee a raccogliere e discutere le testimonianze e i messaggi degli scrittori che hanno affrontato e raccontato il conflitto. Il volume curato da Fulvio Senardi raccoglie questi dodici interventi, dedicati a figure europee di scrittori soldati, ma anche di soldati scrittori, cioè di uomini in cui la volontà e la capacità della scrittura sono nate proprio dalla necessità imperiosa della testimonianza, del ricordo, della riflessione. Si tratta di autori non sempre noti al pubblico italiano, dal momento che il volume presta un’insolita attenzione al fronte orientale e alla produzione letteraria di guerra dell’Europa dell’Est; accanto ai nomi familiari di Giuseppe Ungaretti, Clemente Rebora, Giani Stuparich, Carlo Salsa, Henri Barbusse, Eric Maria Remarque e Wilfred Owen, trovano dunque spazio nel volume anche quelli di autori polacchi (Józef Wittlin), cechi (Karel Poláček), austriaci (Georg Trakl), croati (Miroslav Krleža e Miloš Crnjanski), ungheresi (Endre Ady, Mihály Babitz) e sloveni (Prežihov Voranc), sulle cui opere vengono sempre fornite le necessarie informazioni biografiche e i dati storico-geografici utili alla comprensione. Gli interventi, tutti di misura piuttosto breve, riflettono i diversi interessi e le diverse metodologie dei loro redattori: alcuni sono ritratti di un autore, altri sono improntati al close reading di un’opera o a indagini di tipo tematico. Ne emerge un quadro articolato, complesso e per diversi aspetti inedito.

Il più ampio saggio introduttivo di Fulvio Senardi completa il panorama e gli dà maggior spessore, sia dal punto di vista della sistematizzazione dei temi che dell’impianto critico e teorico di riferimento. Il contributo del curatore, infatti, grazie all’ottica comparatistica, non solo intreccia molti dei fili che emergono dai singoli interventi, ma apre anche spunti di riflessione teorica e mostra efficacemente, in autori provenienti dalle condizioni e dai luoghi più diversi, il ritorno di temi, immagini e sentimenti determinati da uno stesso vissuto traumatico e forte.

Sulla scorta degli studi di Mosse, Senardi indaga in primo luogo la funzione identitaria della memoria collettiva, che ha creato non solo le singole identità nazionali ma anche una sorta di koiné culturale europea, dal momento che questa guerra ha generato un senso di «doloroso struggimento che alimenta un senso postumo di vicinanza e condivisione con tutti coloro che ne hanno sopportato il peso» (p. 10). In seconda battuta il saggio introduttivo da una parte limita il campo d’indagine (considerando letteratura di guerra in senso stretto solo la «scrittura di reduci» cioè la letteratura che, nata dall’esperienza del conflitto, la tematizza) dall’altra mostra la varietà delle forme e dei generi letterari coinvolti (memorialistica, lirica e narrativa) e ne scandisce le tappe cronologiche (gli scritti a dominante cronachistica e autobiografica sono più diffusi, come prevedibile, negli anni del conflitto mentre i romanzi tradizionali sono di solito posteriori). Senardi si sofferma poi su un nodo teorico e metodologico importante, ovvero il gioco di intrecci e scambi fra memoria e fantasia, mimesi e fiction: i fenomeni di rifrazione e opacità sono allo stesso tempo ‘rumore’ e componente essenziale di ogni poetica della memoria, mentre elementi culturali, psicanalitici e biopsichici condizionano allo stesso tempo il «bisogno di rimuovere e la coazione a testimoniare», per dirla con Gibelli. Il curatore del volume entra poi nel vivo dei temi trattati, a partire da quello della fatica e del coraggio di contrastare le operazioni falsificanti delle retoriche nazionaliste, patriottiche e militaresche, mostrando invece il volto più reale e crudo, se non macabro e brutale, della vita di trincea, sul campo e negli ospedali. Infine, Senardi si sofferma sui sentimenti di trincea: il disorientamento, la frammentazione percettiva, lo spossessamento fisico e intellettuale, la presenza ossessiva della morte, il cameratismo, l’odio per il nemico ma anche la progressiva consapevolezza che egli sia, soltanto, l’altro lato della stessa medaglia.

(Federica Ivaldi)


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