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SARA DAVIDOVICS, OZ. Viaggio astratto su quattro punti cardinali e una Coda, Illustrazioni di Maria Chiara Clavani, Salerno- Milano, Oedipus, 2016, pp. 95, € 14,00.

Il lavoro di Sara Davidovics è fuori e dentro la poesia. Fuori, perché tende proprio ad abitarlo, il fuori, attraverso happening, azioni teatrali, eventi di arte diffusa e partecipata. Dentro, perché il fuori viene abitato da un sistema di forme che sono innanzitutto sonore e ritmiche. Fuori e dentro la poesia è anche questo OZ. Viaggio astratto su quattro punti cardinali e una Coda, pubblicato assai bene dalla Oedipus (la cui ragione sociale in questo caso viene resa dalla grafia Oèdipus, non senza un gioco di parole col titolo dell’opera) con delle notevoli illustrazioni di Maria Chiara Calvani. Fuori della poesia, perché il progetto si è esteso allo spazio esterno della realtà, realizzando «una rimappatura dei luoghi [...] estesa a diversi quartieri di Roma» (dove l’autrice vive). Dentro la poesia, perché questo «romanzo» è realizzato sfruttando la gran parte dei dispositivi della poesia contemporanea: dalla dimensione visiva (con la distribuzione delle parole nello spazio) a quella propriamente tipografica (giocando coi segni diacritici e la diversa densità iconica delle pagine); dallo sfruttamento di rime, paronomasie e martellamenti fonici d’ogni tipo, all’agglutinazione nel testo di parole e sintagmi e intere strofette provenienti da canzoncine per bambini e in genere dal repertorio tanto pop quanto popolare. Ovviamente, il rimando è ai romanzi di Frank Baum e soprattutto al celeberrimo film di Victor Fleming (1939), in cui si narra il viaggio di Dorothy insieme ai suoi scalcagnati e imperfettissimi compagni (lo spaventapasseri, senza cervello; l’uomo di latta, senza cuore; il leone, senza coraggio). Sebbene non si possano rinvenire citazioni esplicite (o almeno esse sono tutte sfuggite al presente recensore), andrà considerato che la stessa orchestrazione del racconto sulla centralità dei punti cardinali non può non ricordare la presenza delle due Streghe cattive, dell’Est e dell’Ovest (la vera persecutrice della storia) con la quale la bambina deve confrontarsi, confortata dalle Streghe buone del Nord e del Sud. Ma c’è un ulteriore aspetto che ci può guidare dentro il poemetto-«romanzo» di Sara Davidovics. Alla fine del libro viene proposto un disegno («piccolo appunto grafico») che riassume il sistema itinerante proposto lungo il ‘racconto. Vi si vede un serpente uroboro che cinge una Z, giungendo quasi ad afferrarsi la coda con la bocca (essendo appunto «uroboro»). Il cerchio – che va seguito in senso antiorario da Nord a Est (Viaggio astratto su quattro punti cardinali) – però non si chiude, in quanto tra i due estremi del serpente si apre la regione delle acque, che costituisce la zona che può essere superata solo a patto di «immergersi nell’acqua» (cfr. la nota Cos’è OZ?). Questa immersione è la Coda annunciata alla fine del titolo, la «Coda» del «regno», oltre il quale non si può fare altro che seguire il soggetto che ha guidato il racconto («: : : : : seguimi», p. 80). È forse qui un implicito e prezioso riferimento alla canzone cantata da Judy Garland nel film di Fleming, in cui si aspira a un luogo situato oltre l’arcobaleno. Non che il libro ci proponga un qualche consolatorio capannuccio arcadico Over the rainbow, ma sì esso è costruito come un viaggio iniziatico che si volge anticlockwise, così da azzerare il tempo verso un ricongiungimento fetale, nelle acque del prima. Lasciata la terra, superata la fissità dei confini e la certezza regolata dei punti cardinali, il soggetto narrante e l’altro soggetto cui è accoppiato e col quale stabilisce un rapporto di provocazione e di dipendenza («Oltre l’est ti camminerò, mi camminerai », p. 73) si ritrovano a tentare una strada inedita e pertanto imprevedibile; un percorso in cui la continua mutazione delle identità e delle stesse conformazioni corporee, sperimentata nel corso del precedente tragitto, è portata al suo punto ultimo. Camminando all’indietro, il soggetto (Lacan lo scriveva «S» con dentro una barra «/», quasi come qui nel disegnino di Sara Davidovics) si riconosce nella sua più vera identità, svelata infine nella nota conclusiva: «OZ è la prima e la quarta lettera della parola ‘zero’ contratta e scritta alla rovescia» (p. 91).

(Giancarlo Alfano)

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