« indietro Poesia aborigena australiana
AA.VV., Living Room: Poems from the Centre, a cura di Jan Owen, Alice Springs, Ptilotus Press 2003, pp. 115, AUSD 19,95.
Dieci poeti aborigeni, di cui nove donne, danno vita a un’antologia che raduna memorie e riflessioni di voci provenienti da tutta l’Australia, che dal 1996 hanno deciso di vivere nel centro del deserto australiano, condividendo la propria esperienza poetica come Alice Springs Writers Group. Living Room è la pubblicazione d’esordio di Ptilotus Press, la casa editrice fondata dall’Alice Springs Writers Group. Dieci voci della contemporaneità, accomunate dal luogo in cui vivono, raccontano frammenti di storie in cui s’intrecciano amore, desiderio, perdita e memoria. Ogni poesia è l’evocazione di un viaggio, di un paesaggio: è un’esperienza di cambiamento. Mondo sociale e sfera individuale, entrambi eredità del passato, si fondono in una variegata raccolta ricca di immagini vive, ampie e schiette, che alterna passaggi criptici a tinte umoristiche e toni colloquiali. Jan Owen, originaria del Southern Australia, ha pubblicato cinque raccolte di poesia (l’ultima, Timedancing, risale al 2002), con le quali si è aggiudicata numerosi riconoscimenti a livello nazionale, che le hanno permesso di viaggiare e partecipare a Festival letterari di respiro internazionale. Le poesie sono di: Jane Leonard, Kieran Finnane, Jo Dutton, Meg Mooney, Terry Whitebeach, Carmel Williams, Michael Watts, Linda Tate, Leni Shilton, Mardijah Simpson.
AA.VV., Crow Feathers,a cura di Rebecca Edwards eJanelle Evans,QLD, Keeaira Press Southport 2003, pp. 62, AUSD 20.00.
Antologia poetica che include 28 autori aborigeni emergenti.
DENNIS MCDERMOTT, Dorothy’s Skin, Wollongong, Five Islands Press 2003, pp. 64, AUSD 18,95.
Dennis McDermott ci ha messo cinquantasei anni a penetrare la pelle di Dorothy, sua madre: a capire nel profondo la donna che gli ha fornito gli strumenti per interpretare il mondo, e, prima di tutto, se stesso. Dorothy’s Skin parla non solo della madre, oggi ottantottenne, ma, più in generale, degli aborigeni che per sopravvivere si sono alienati dalla propria originaria identità.
Come sottolinea Anita Heiss, a lungo la scrittura aborigena è rimasta veicolo espressivo del concetto di aboriginality, senza riuscire a emanciparsi da questa priorità. Gli anni Sessanta, sfondo sociale, culturale e politico all’emergere della prima, influente generazione di autori aborigeni, come Kath Walker (Oodgeroo Noonuccal), persistono come modello prediletto da molti autori, i quali tendono a identificarsi nello stile, nei toni e nei contenuti con la poesia di denuncia che ha supportato le lotte di emancipazione politico-sociale degli scorsi decenni.
Secondo Anita Heiss, Dorothy’s Skin segna una nuova direzione rispetto a questa tendenza passata, e lo fa sul piano contenutistico. Ignorando il significato politico della propria identità di poeta, Dennis McDermott si sente altro, prima che aborigeno. Così scrive in Borderline: «I had no idea / that I was ever a boong / before I was ever a hippie». Al contrario, la maggioranza dei poeti si descrive in relazione al proprio essere aborigeno, prima di darsi qualunque altra definizione.
Nell’ampio, contraddittorio raggio di temi e immagini che raduna, Dorothy’s Skin propone una riflessione sul ruolo della psicologia, in Psychologists: «[...] Psychology / Always had aspirations / To escape pure conjecture, show the world / That is was truly a hard science, evidence-based, / Always fell short».
Dennis McDernott, nato da padre metà irlandese, metà scozzese e da madre aborigena, cresciuto nella claustrofobica e conservatrice Tamworth degli anni Cinquanta, insegna Psicologia presso la Facoltà di Medicina dell’University of NSW, Sydney.
ROMAINE MORETON, Post Me to the Prime Minister, Alice Springs, Jukurpa Books 2004, pp. 138, AUSD 29,95.
La più recente raccolta poetica della performance poet Romaine Moreton, originaria di Stradbroke Island, Queensland, racchiude le riflessioni dell’Autore sulla spoliazione del popolo aborigeno, sulla conseguente dislocazione sociale e culturale e sulla propria identità. Con toni provocatori e linguaggio vibrante, il poeta parla di sè, dell’amore, dello stordimento artificiale, della sua umile infanzia, del (suo) mondo di oggi: «I shall stumble over poverty, over policies, and over prejudice, / Weary and torn, / I stumble, / Then bleary and worn I shall rise, / From this place where I wait cross legged, / Wait, / And surprise you by my will».
I versi di Romaine Moreton, efficaci dal punto di vista della costruzione poetica, rivelano un’inestricabile vocazione comunicativa. Le parole sono immagini, le immagini parole: «I shall spring upon you words familiar, / Then watch you regather as they drop about, / Like precious tears thick with fear, / Hear you scream and shout, / Then I shall watch convictions break away, / And crumple like paper bags, / And then as beauty I shall rise, / And surprise you by my will».
Attraverso il documentario autobiografico A Walk with Words (2000), diretto da Erica Glynn e prodotto dalla televisione nazionale australiana ABC, Romaine Moreton ha raffigurato la propria vita e illustrato la propria poesia. Ha inoltre curato due raccolte di musica indigena in collaborazione con diversi musicisti aborigeni, tra cui la cantautrice Kerriane Cox. Questo volume include un CD-Rom, con otto brani interpretati dall’Autore.
SAMUEL WAGAN WATSON, Smoke Encrypted Whispers, Brisbane, University of Queensland Press 2004, pp. 171, AUSD 22,95.
Un’antologia di road poems, canzoni blues, versi urbani, echi ancestrali: componimenti autobiografici risalenti a qualche anno fa, completati da una sezione conclusiva inedita. Samuel Wagan Watson, classe 1972, è performance poet, nella misura in cui richiama influenze cantautoriali e teatrali, oltreché poetiche, sulla scia di Tom Waits e Charles Bukowski, Nick Cave e Jack Kerouac. Le identità molteplici di poeta, amante, cittadino di Brisbane e viaggiatore si specchiano nella continua mimesi di timbri poetici eterogenei e complementari, nell’uso della rima, della prosa discontinua, di irregolarità ortografiche, nell’asimmetria di piani sensoriali e temporali. Versi che descrivono le ansie dell’essere poeta: l’attesa, la creazione, l’insicurezza, l’eterna precarietà: «waiting for the knock-backs from editors / pages scatter amongst the breeze / the writer dies lying in a pool of his words».
La poesia, viaggio intimo e ininterrotto da un paesaggio urbano a un altro, è consapevole spaesamento: «We’re city people without a language // And some of us have even less». Sangue bundjalung, birri gubba, tedesco, scozzese e irlandese scorre nelle vene di Samuel Wagan Watson, la cui raccolta poetica d’esordio, Of Muse, Meandering and Midnight (2000), ha vinto il premio David Unaipon assegnato al miglior autore indigeno esordiente.
HERB WHARTON, Kings with Empty Pockets,QLD, Keeaira Press Southport 2003, pp. 102, AUSD 20.00.
Poeta originario di Cunnamulla, nel Queensland occidentale. Dopo una serie di pubblicazioni a cura della University of Queensland Press, si tratta del primo volume curato dallo stesso Autore, in cui i componimenti poetici sono alternati a brani di prosa.
Margherita Zanoletti
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