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Esiste la poesia europea? di Valerio Magrelli
D’improvviso ho visto un colibrì, anzi
l’ho udito frullare fra i rami
di un cespuglio che stavo scostando.
Per meglio dire, ho avvertito il suo brivido, simile a quello dei centomila volts
che sibilano sui cavi, da traliccio a traliccio,
nelle nostre campagne - uccellini di pura energia. E questo punto puro era lo stesso, immagino, che vortica recluso
negli acceleratori di particelle,
lungo le cieche nozze di un circuito sotterraneo. O forse il matrimonio
è la struttura che conserva la forza
affidandola a un percorso anulare
(un’aureola del sesso). Eppure nel ribrezzo
che provavo per la sua minacciosa libertà
di colpirmi, il colibrì stava prima,
precedeva ogni forma, era la folgore
che non ha ancora scelto il suo tracciato,
era tutti i tracciati. Potenza di insostenibile fragore era lui la cascata che cercavo
mentre andavo spostando quei cespugli.
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