« indietro Canto irlandese In memoriam Qualcuno lo ricorda ancora, Bobby il suo sorriso di gioia e di riscossa? ragazzo del carcere di Maze? I secondini portavano in cella ogni giorno le arance e il pane nero, sbattevano le porte, ridevano forte tra loro; dicevano: «è vero? non toccherà neppure più la gelatina? E lo spogliavano, ogni mattina E intanto Marzo era incominciato e fuori l’inverno scricchiolava sulle brughiere, sulle lingue di sabbia dove il mare lento si inarcava cavalli bradi dal manto grigio al correre costante delle nuvole. Fuori le onde continuavano ad assottigliarsi tra le alghe brune e i laghi ad inseguirsi, amarsi, come crollati a capofitto tra le colline. E vide un giorno da un’inferriata scesi a beccarle: «qualcuno almeno la vita degli alati, dove vanno nel cielo dell’equinozio, dove tutte le sere corvi li udì mentre calavano sui comignoli larghi delle case loro, del volo e dell’attesa. I corvi hanno secoli per andarsene. che hanno veduto nascere e vedranno cadere. Spesso la loro immobilità è un mistero. Spesso il loro urlo più roco di quello dell’uragano. E udì i chiurli, i fringuelli, il loro cantori dei bucaneve e delle primule. spiriti felici che pure sanno della morte qualcosa di più certo sarà secca e calda, l’estate nuova, che io non vivrò». E ricordava il pianto di una libertà sovrumana il sogno di una chiarità d’oltre cielo lo prendeva. Che cosa c’è di là dei canti dei gorghi di luce che né crochi né papaveri possono fare quaggiù? alati e tutti i voli. E ora i secondini e battevano forte le mani. «E’ vero che non tocca più niente? E lui per un attimo voleva poi sorrideva: «passeranno a sciami traverso la mia gola spalancata Correnti che nessuno conosce presto mi accompagneranno, canzoni le voci dei confini, delle foreste le voci delle onde e dei fondali, dai templi isteriliti, sghembi Dove sono gli stormi dei gabbiani che scalavano ogni giorno i promontori E i boschi sacri, le pietre in cerchio al sole e alle galassie, dove sono?» Moriva: e insieme a lui allora I secondini portavano nella cella il vassoio pieno e il bicchiere, sbattevano forte la porta «Qualcuno se ne andrà questa volta!» vennero i mesi del verde e del chiaro cielo, ma i ragazzi del carcere di Maze stelo: Bobby Sands, Francis Hughes, e Thomas McElwee, di cui la bara vuota, portata a spalle a sera, per le vie acque, dio dei miraggi e della marea che hai casa in ogni alba e in ogni di chi è fratello in morte, tu accoglili. Il ragazzo del carcere di Maze I secondini mangiavano in cella diritto per la sua strada, oltre ogni era migrato ormai. La mattina E Marzo è passato e tornato nuvole che volano nel cielo come uccelli di passo verso la foce del carcere di Maze, ricordatelo!
[1983-1986, primavera] ¬ top of page |
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