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IN SEMICERCHIO. RIVISTA DI POESIA COMPARATA LXIV (2021/1) pp. 104-105 (scarica il pdf)

CARLO BORDINI, Strategia, Roma, Aragno editore 2019, pp. 143, € 15,00


Nel dicembre 2019 Aragno pubblica un’edizione – rivista dall’autore – di Strategia, uscito per Savelli nel 1981 e da tempo irreperibile. Negli ultimi dieci anni le opere di Carlo Bordini hanno spesso trovato una seconda sede editoriale. La prima soglia è quella del 2010, quando I costruttori di vulcani (Sossella) storicizza e reca nuova attenzione critica a un autore cresciuto per lo più ai margini degli ambienti romani. Il volume contiene le poesie scritte dal 1975 – ma da Strana categoria, di fatto, Bordini recupera solo un testo che apre e chiude il libro di Sossella – fino al 2010 reinventandone la forma «Ho cercato di mantenere la struttura dei libri che avevo pubblicato, ma ci sono stati dei cambiamenti. Per cominciare non ho conservato l’ordine cronologico. Ho cercato di creare una struttura musicale, e con questo criterio ho montato il libro. Ma c’è qualcosa di più; ho cercato di dare forma a un libro nuovo, indipendentemente dal fatto che esso sia formato dalle poesie che ho scritto nella mia vita». Se non c’è modo, in questa sede, di rilevare le varianti – minime, e pure programmatiche per Bordini, per il suo sentimento del testo quale sistema di particelle in continua discussione – che corrono tra l’edizione ’81, la versione del 2010 pubblicata nei Costruttori e quella del 2019 di Strategia, sarà almeno utile ribadirne l’esistenza, nel segno di una cifra nota di Bordini: la ripetizione con variatio («scherzi a parte / mi annoio / un po’ // in bene o in / male / tutto sembra / già stato fatto», Strana categoria), che è tratto tipico di aggregazione sintattica nella microscopia e, più in generale, sentimento esistenziale: le opere pubblicate per editori sotterranei o quasi vengono riproposte con leggére – e fondamentali – revisioni: nel 2018 Difesa berlinese (Sossella) raccoglie le maggiori opere in prosa di Bordini annunciando specialmente delle integrazioni a Memorie di un rivoluzionario timido, e del 2019 è la seconda edizione di Pezzi di ricambio (Empirìa; prima edizione del 2003) che porta in appendice un racconto inedito dei tardi anni ’50. Che significato assume, allora, la riedizione di Strategia per Aragno?
Le oscillazioni e le svolte compiute nella scrittura dagli anni ’70 al 2020 sono minime, in una tensione del testo – senza distinzione tra i generi, ibridati tra loro – alla coscienza e all’autocoscienza. Pure, Strategia si presenta come un libro espressamente centripeto e monolitico, per quanto poco uniforme e dai contorni frastagliati, e dall’autore viene considerato un «romanzo in versi». Il soggetto di Strategia esperisce un conflitto amoroso allegorizzato nell’incontro di pugilato con una donna che è dominatrice e dominata. Le sezioni attraverso cui si articola lo scambio tra i personaggi sono tre: Strategia (sequenza poematica di 32 testi, scritta nel corso di una notte sola), Gong (3 testi, serie composta per ultima ma montata al centro del libro, spazio in cui sulla figura amorosa si proietta la funzione materna), Sondaggio (sezione divisa in 4 parti, una serie «completamente falsa, nel senso che io scrivevo quello che non avevo il coraggio di dirle»). I round sono impediti e interferiti, si pareggiano o si sospendono («poi disse / il giudice: / ‘avete perso’ / Ma tu ed io abbiamo detto insieme: / ‘lei giudice è truccato, / abbiamo vinto’»; «i giornali parlano male di me. / dicono che non mi alleno abbastanza. / dicono che lei è più brillante. / ma nessuno accenna alla possibilità / di vittoria di qualcuno».), e così la comunicazione tra i due lottatori: chi colpisce non realizza l’offensiva, chi interroga non riceve risposta, in una funzione fàtica perenne che scivola, nell’ultima sezione, verso la pazzia del soggetto, con lo slittamento dal dialogismo al monologismo sottoposto a un tu, e reso da un versicolo franto («sto diven- / tando / pazzo»; «perché / vedi / sto / impaz- / zen- / do»), verticalizzato (la verità sta in una «discesa negli abissi profondi di se stessi», scriveva nel ’75 in Strana categoria).
La rassegna degli atti mancati e dell’incomunicabilità nella prima sezione, però, è portata avanti con la lingua piana e con lo stile semplice di una certa matrice romana – Claudio Damiani firma la riedizione di Aragno («Ricordo che io e Beppe Salvia, poco più che ventenni, vicini come due compagni di banco, partecipammo alla presentazione in cui Carlo lesse tutto il poemetto, rimanendo incantati») – turbata progressivamente, e dagli strumenti della drammatizzazione – dal dialogismo alla costruzione per scene quasi da fumetto (Berardinelli), dalla prossemica calcata ai topoi voyeuristici che fanno dei soggetti gli attanti spiati dagli spettatori («‘[…] / Non ha importanza chi vince’. / ‘E il pubblico?’ / ‘Ti importa del pubblico?’ / ‘No’»; «Mi alleno allo specchio»; «Certo non sarebbe male un viaggetto / abbandonare il match / fare le valigie e partire / ridendosene degli spettatori»).
Nel teatro dell’assurdo della sezione Strategia l’interruzione e la simulazione trovano rispondenza formale nella scorciatura di testi dall’incipit ellittico – che talvolta sembrano ambiguamente proseguire un verso o un discorso del testo che li precede, in un sistema di capfinidad suggerito e negato –; nel dialogo difettato tra l’uomo e la donna amante/mantide – spesso mediato da un terzo interlocutore o dal telefono o dalla stampa –; nella predilezione di explicit interrogativi e sospesi («‘ma se non ti ho colpita io / chi ti ha colpita?’»; «‘E allora che conta?’»; «‘Ma allora chi vinceee???!!’»). E nei microsegmenti all’interno della sezione si instaurano vere e proprie simulazioni – ovvero finte, suggestione del colpo scagliato: se il ventiquattresimo testo della sezione recita «Ho tentato un abboccamento, / sono andato a trovarla / in albergo e le ho detto: / ‘non potremmo accordarci per / un match pari?’ […]», il venticinquesimo testo si compone di un solo endecasillabo che squarcia il velo e sigla: «In realtà ha rifiutato di ricevermi».
Nelle sezioni Gong e Sondaggio, come anticipato, si avverte una discesa: se il tempo del racconto allegorico è circolare e sospeso, reso plasticamente dai due pugili che girano in tondo nella difficoltà di interazione, nelle due sezioni successive la frizione è tutta interiore, e la vita che subisce accelerazione ed evoluzione è quella dello spirito, in una caduta libera verso l’inconscio che sposta l’analogia del conflitto dall’allegoria alle categorie psicanalitiche, nella resa allucinata di un rapporto sado-masochistico che se non rimuove del tutto il grottesco, almeno esacerba il tragico («in fondo il rischio mi ha sempre / attirato, sono armato di pistola, / non ho paura degli incontri / notturni.»; «Tutto questo è uno scherzo, / lo sai, / già me ne piace un’altra / non so chi sono […]»; «Dicono che mi rovinerò il fegato. / Non è vero. / Non è mio. / Il fegato. / È un signore che dice / di essere il mio fegato.»), pure servendosi ancora di archetipi di immediata intelligibilità («un ragno nero mi cammina / addosso»).
L’uscita dall’esperienza di militanza politica (che aveva coinvolto Bordini nella più austera operazione di straniamento) lo mette di fronte, già negli anni ’70, a una nuova incapacità e inettitudine: quella delle relazioni umane, in particolare amorose. È un tema esplicito dell’ultima parte di Memorie di un rivoluzionario timido (iniziato nel 1976 e pubblicato da Sossella nel 2016), di Manuale di autodistruzione (Fazi 1998) e soprattutto di Gustavo (Avagliano 2006), il romanzo sperimentale più vicino a Strategia nel segno dell’illusione amorosa eletta a realtà. In Ogni donna è mia nemica, pubblicato per la prima volta in Difesa berlinese, Bordini scrive: «Ogni donna cercherà di apparire migliore e più forte dell’uomo (così come ogni uomo farà il contrario). Cercherà di dominarlo; cercherà di salvarsi a sue spese, ecc. Non c’è solidarietà, obiettività, nei rapporti tra i sessi». E il tema interessa finalmente in modo frontale e spoglio di allegorie e mediazioni la quarta parte di Sondaggio, coadiuvato dallo spregio per le norme redazionali e dalla frazione post-metrica dei versi in sillabe: «Avrò / sempre / paura di / es- / sere / mangiato / da / te / se non / riuscirò / a do- / marti / a incularti,»; «vuoi / che / ti uccida / anch’ / io? / Vuoi / tagliarti / i / capelli / a zero / Ah / sto) / impazzendo / cara non / trascinarmi / in / questo / gioco / sado-masochistico / […]».
Un significativo battesimo all’indomani dell’uscita di Strategia per Savelli fu quello di Attilio Lolini, amico, interlocutore, primo vero editore di Bordini (Poesie leggere esce nel 1981, pochi mesi prima di Strategia, per i Quaderni di Barbablù), che riconduce felicemente la poesia del vissuto a una movenza neoromantica ed evidenzia il carattere di unicum di Strategia rispetto alla produzione che lo precede e segue: «ho seguito Strategia fin dalla nascita un po’ allarmato, anche, dal suo mutato ‘stile’, dall’organicità di un lavoro che, via via, andava strutturandosi come un romanzo in tre parti; io, ancora e per sempre, affezionato al ‘frammento’, alla poesia come improvvisa ‘illuminazione’». 
l mandato catartico che l’autore proietta su un libro «scritto per non impazzire» ne riconduce però la ragione d’essere al nodo da cui muovono tutte le opere di Bordini, e ne declina già quei gesti che diventeranno, negli anni, una marca: il carattere d’assurdità che non media ma rafforza una tragedia (che se trova un riparo è sotto una sensibilità – romantica – rivolta al limite creaturale per discuterlo nel flusso). La dizione si problematizza con la distonia dell’impianto, la lingua mondata di retorica che vuole additare sé stessa in quanto tale («Mentre scrivevo alcune poesie avevo l’impressione di star prendendo a calci le parole; usavo espressioni trite, canzonettistiche, come le parole ‘amore’, ‘cuore’, ‘non lasciarmi’, perché esse erano per me in quel momento straordinariamente vere»), nelle progressive sedute di scrittura e post-produzione del libro che addomesticano l’ebbrezza instaurativa («Ero completamente convinto di quello che scrivevo; e, tra l’altro, ero completamente convinto di essere Dio. Poi me ne andai a dormire»), l’improvvisazione musicale, e si danno come banco di prova di un’identità: cioè di quel carattere di repulsione per la finitezza e la definizione, dell’intelligenza del testo come opera aperta, gesto che non si esaurisce mai davvero. Ciò che porta Bordini a riconoscere il valore nell’approssimazione, parafrasando Contini. Ciò che concede a Strategia di essere letto oggi, a quarant’anni dalla sua uscita, come un testo contemporaneo.

di Francesca Santucci

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