« indietro IN SEMICERCHIO, RIVISTA DI POESIA COMPARATA LXV (2021/2) p. 115 (scarica il pdf) ROSALIA GAMBATESA, Ormai è sicuro, il mondo non esiste. La poesia di Patrizia Cavalli. 1974-1992, prefazione di Elsa Chaarani Lesourd, Introduzione di Laura Toppan, Bari, Progedit, 2020, pp. 282, € 25,00. Rosalia Gambatesa propone una monografia su una delle più importanti voci della poesia contemporanea, Patrizia Cavalli, con l’intento di far fronte a una lacuna critica che vedeva fino ad ora la mancanza di un’esegesi critica e filologica dell’opera dell’autrice. La complessità del lavoro si dimostra non di poco conto, sia per la mancanza di altri apporti critici, sia perché l’interpretazione dei testi di Cavalli richiede uno scavo esegetico profondo. Lo studio si concentra su Poesie (1974-1992) e sul libretto d’opera Tre risvegli, e propone un’analisi che procede dal generale al particolare, concentrandosi prima sui titoli e sulle date di pubblicazione, per poi addentrarsi nei testi proponendo una metodologia di indagine che alterna l’attenzione tra micro-fenomenologia e macro-fenomenologia. L’approccio permette di mettere in luce il posizionamento di Cavalli nel panorama poetico di quegli anni e i punti forti di una poetica complessa che si nasconde dietro testi solo apparentemente brevi e immediati. Il volume è corredato poi da un ricco apparato di note e da una bibliografia che permettono di avere una visione d’insieme sullo stato dell’arte in merito a quest’autrice. In Appendice si trova infine un’interessante ricostruzione cronologica della biografia e del lavoro intellettuale di Cavalli.
a prima parte, composta di due capitoli, si sofferma su alcune questioni riguardanti la “superficie” della poesia, una su tutte quella della lingua, che risulta un territorio oscuro e impenetrabile. La poesia di Cavalli è alla ricerca di un proprio linguaggio che non aderisca necessariamente alla realtà ma che riveli la menzogna dell’esistenza e generi domande senza risposte. Si passa poi all’architettura di Poesie e Tre risvegli, di cui si riconosce una comune struttura ciclica e una composizione ad anello. Cavalli segue cioè i cicli biologici dell’Io e del corpo mettendoli in scena come un «pezzo di teatro»: in parallelo si susseguono questioni quotidiane e metapoetiche in alternanza con altre astronomico-metereologiche in un “qui” ed “ora” autoreferenziale. Il ritmo è quello dell’epigramma, dove ogni poesia si compone con i funzionamenti della retorica. Come riassume l’autrice «il libro di poesia cavalliano mette in scena le manifestazioni di un corpo mentale, suscitato da una lingua determinata dai cicli del suo io e dai loro causali soprassalti» (p. 22), aspetto mai precedentemente studiato. Nella seconda parte si procede con la vera e propria analisi delle singole raccolte contenute in Poesie e in Tre risvegli. Della prima raccolta, Le mie poesie non cambieranno il mondo (1974), si mette in evidenza il fondamentale ruolo giocato da Elsa Morante, che la sistemò e ne propose il titolo. Soffermandosi proprio su quest’ultimo, Gambatesa ne sottolinea il ruolo. Due paragrafi sono dedicati alla brevitas e alla varietas: nel primo caso viene accostato questo tratto stilistico di Cavalli a grandi modelli quali Catullo e Marziale, fino alla Dickinson e agli haiku, nel secondo si ricostruisce la struttura detta a spirale della raccolta, dove il flusso dei componimenti varia per forme e metriche e il ritmo sembra ispirarsi alla musica. Infine, ci si concentra sul valore metapoetico della raccolta in cui viene coinvolto l’Io poetico stesso, impegnato sia nel ruolo di chi indaga sia nell’oggetto privilegiato dell’indagine. Si passa poi a Il cielo (1982) dove l’Io diviene meno ribelle e si confronta con il tempo. Il corpo, ancora al centro dell’attenzione, si fa campo di battaglia e strumento conoscitivo tra il cielo e l’Io, tra i soprassalti biologici e quelli astronomici. Una dettagliata analisi lessicale rileva la vasta area semantica relativa al tempo, a conferma che l’io-linguistico agisce nel presente per indagarlo a fondo. Il terzo libro, L’io singolare proprio mio (1992), costituisce anche, come suggerisce Gambatesa, il terzo movimento di un “concerto di scrittura” che copre un ventennio. Dopo averne ripercorso le vicende editoriali e la struttura della raccolta si riprende l’analisi dell’Io, qui colto non solo nei suoi sussulti ma anche in stasi. Ancora una volta ci si sofferma sul titolo, che è anche una chiave esegetica della raccolta: «L’io singolare proprio mio, che esprime con “L’io” il riferimento al soggetto dell’inconscio e con “proprio mio” quello al soggetto della coscienza». L’analisi delle tre raccolte procede in modo speculare ritornando sui concetti di brevitas e varietas e delineando una progressiva fenomenologia dell’Io. Oltre a tornare sulla cornice metatestuale, si parla per L’io singolare proprio mio di metascena, per cui viene proposto un confronto con il libro platonico Filebo. Infine, si giunge all’analisi del libretto d’opera Tre risvegli, divenuto poi una delle sezioni di Datura (2013). Si ripercorrono le redazioni precedenti alla pubblicazione del testo per rilevarne alcuni aspetti nascosti. Il libretto è un’indagine sulla fisiologia dell’amore, a tratti comico a tratti tragico, dove l’Io ha per la prima volta un nome, quello di “Innamorata”. Per Cavalli l’amore ha sempre una spiegazione fisiologica, elemento che libera l’Io dalla sua componente soggettiva e lo proietta su una scena di teatro. L’analisi condotta da Rosalia Gambatesa, che non trascura nessun elemento da quello metrico a quello tematico, dal paratesto all’indagine filologica, si fonda su una tesi forte e mai proposta fin qui: la ciclicità imperante delle strutture cavalliane che ritorna in modo quasi ossessivo. Inoltre, il lavoro indaga in modo completo la complessa significazione dell’Io nell’opera di quest’autrice, che si dispiega come corpo, mente e linguaggio. A quest’ultimo è dato un peso rilevante, là dove è per Cavalli uno strumento tanto oscuro quanto l’elemento che, nella sua declinazione autoreferenziale e non aderente al reale, determina la poesia stessa. di Sara Vergari ¬ top of page |
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