« indietro POESIA GRECA
a cura di Gabriella Macrì. GHERASIMOS ZORAS, ‘Letterati italiani nell’opera di Palamàs’, Atene, Domos 2003.
Nell’Avvertenza per il lettore del volume ‘Tevere’ (Atene 1999) Gherasimos Zoras, ordinario di Letteratura italiana all’università di Atene, dichiarava: «Il motivo principale del raggruppa mento dei ventisei studi che costituiscono il presente volume è il desiderio del curatore di sottolineare alcune delle radici comuni nonché i particolari, reciproci influssi che si sono rivelati determinanti per le lettere greche e italiane». L’investigazione dello scambio culturale tra Italia e Grecia ha sempre più focalizzato, in questi anni, l’attività di studio e di ricerca svolta da Zoras, nel tentativo di segnare una mappa dei rapporti tra letteratura greca e italiana. In questo ultimo saggio, Letterati italiani nell’opera di Palamàs, la sua indagine nell’ambito critico letterario e comparatista si rivela particolarmente interessante.
Palamàs (1859-1943) appartiene alla generazione di poeti e scrittori che determinarono una svolta importante nella let teratura neogreca suscitando, nel 1880, un intenso dibattito culturale. Intellettuale molto attento ai fermenti poetici e culturali europei di fine Ottocento e del proto novecento, contribuì attivamente a far conoscere in Grecia il Parnasse e il simbolismo francese, in un tentativo di assimilarli ai canoni della poesia neogreca, per quanto egli stesso non si fosse mai identificato con alcuna corrente o scuola letteraria. Zoras concentra l’attenzione sul valore che Palamàs attribuiva a scrittori, poeti e intellettuali italiani di cui aveva studiato e indagato l’opera grazie alle traduzioni in francese o in greco, e ne mette in risalto il lavoro segnato da un’insaziabile curiosità. L’analisi dei testi dell’intellettuale greco condotta da Zoras si con figura come guida alla lettura e alla comprensione della sua opera, come mediazione sia tra lo scrittore e il lettore, sia tra opere italiane e lettori greci: «Radunare alcuni brani tratti dalle opere di Palamàs, dichiara Zoras nella Nota introduttiva, si rivela utile sia al lettore interessato ad avvicinarsi al pensiero critico di Palamàs e alla sua capacità di apprendendimento, che a quello desideroso di conoscere le principali componenti dell’eredità e identità intellettuali con l’Italia». Lo studioso presenta una ricostruzione delle vicende letterarie italiane da Dante a Papini viste attraverso lo sguardo critico dello scrittore greco. Per ogni autore trattato (e sono molti: Dante Alighieri, Petrarca, Boccaccio, Ariosto, Michelangelo, Tasso, Alfieri, Monti, Foscolo, Manzoni, Leopardi, Carducci, Verga, Guerrini, Pascoli, Serao, D’Annunzio, Pirandello, Marinetti e Papini) Zoras riporta, commentandoli, i relativi testi di Palamàs con una ricostruzione diacronica ben definita che, a volte, ne comprende anche l’aspetto poetico e privato. Il volume si pone all’attenzione del lettore anche in un’ottica storico-letteraria, acquistando così il valore di una breve storia della letteratura italiana. L’interesse di Palamàs sembra concentrarsi soprattutto su Dante, Leopardi, Carducci, D’Annunzio, Pirandello, con una interpretazione che, inesorabilmente, si estende all’intreccio della cultura greca con quella europea. Grazie alla scrupolosa indagine di Zoras, apprendiamo che Palamàs nutriva una grande ammirazione per Dante, tanto da avvicinare il poeta italiano solo a pochi grandi poeti di tutti i secoli (Omero, Eschilo, Shakespeare, Goethe, Hugo); che di Petrarca sottolineava «alcuni influssi particolari su poeti e intellettuali greci e stranieri, come ad esempio Solomòs, Marcoràs, Rangavìs, Mavilis, l’anomimo cipriota del XVI secolo, ma anche su Ronsard, Mme de Staël o Ippolite Taine»; che, riferendosi a Leopardi, lo accosta a Solomòs, al francese Mistral, a Carducci e a Pascoli, e lo giudica inferiore solo a Dante. L’analisi di Zoras pone in modo particolare l’accento sulle riflessioni di Palamàs su D’Annunzio, di cui l’intellettuale greco aveva una profonda considerazione e che aveva conosciuto durante il soggiorno del Vate ad Atene nel 1899, tanto da inserirlo nell’Olimpo dei più importanti uomini di lettere di tutti i secoli (Goe the, Hugo, Tolstoi, Herédia, Ibsen) e da annoverarlo tra i più grandi tragediografi; lo accosta a Foscolo, Leopardi, Carducci, Maeterlinck, Verlaine, Claudel, e ritiene probabile un influsso di Baudelaire e di Morèas sulla sua poesia. Il merito di Zoras è, insomma, di creare, attraverso la lezione di Palamàs, un’apertura critica per sviluppare un confronto dinamico con il proprio passato, soprattutto nei rapporti culturali tra Italia e Grecia, non ancora esaminati a sufficienza, ma anche per con fermare un discorso aperto agli intrecci multiformi della cultura europea.
[G.M.]
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