« indietro
MASSIMILIANO CHIAMENTI, Maximilien, Firenze, City Lights Italia, 2001, pp. 12, s.i.p.
Quanto più interessa di questo lungo monologo dell’io eponimo a confronto con il più famoso M. Robespierre («mio omoerotico omonimo»), consiste nella messa in ‘costume’ o diciamo più correntemente performance di una scrittura al solito calligrafica e magmatica. La forma è quella ormai consueta di una deriva ‘diacritica’ del testo (soppressione di apostrofi, accenti, maiuscole e punteggiatura, unico marker grafico/sintattico l’arcaico, algido & commerciale); prosa piuttosto che versi, non fosse che la giustificazione al centro dà continuamente l’impressione dell’a capo. Poco resta dei consueti anglicismi per una volta sostituiti da ‘gallicismi’ contestuali (largento, un senza mutande), come sempre affiorano dantismi («il governo rivoluzionario da gibbetto alla regina»). Indossati dunque i panni d’epoca («ricorda i puffi asterix il movimento grunge questo bizzarro berrettino frigio tutto l’armamentario dell’armata popolare tu dea natura del convento di san giacomo...»), la voce del monologante fa i conti di due vite proprio parallele (all’infinito non si toccano), con ironica civetteria, revolverate luciniane e una strizzata d’occhio ai funambolismi di un recuperato e un po’ pettegolo futurismo fiorentino.
(Fabio Zinelli)
¬ top of page
|