« indietro GIOVANNA FRENE, Datità, con una nota di Andrea Zanzotto, Lecce, Manni, 2001, pp. 134, Euro 10,50.
Il libro nasce sotto una stella tanto rifulgente quanto pericolosa. Stilemi zanzottiani invadono ogni campo dell’enunciato, dal metro (relitti di sestina e di sonetto, pseudosonetti, antisonetti), alla lingua, alla grafia (frecce vettoriali, simbolistica varia, inserti autografi nello stampato). Torna il tema hölderliniano della ‘Musa interrogata’, un testo si intitola Sopra un proposito di AZ, ma quel che è più, il libro si chiude su una prefazione del medesimo Zanzotto. Tutte le condizioni sono raccolte per un disastro in piena regola. E invece il libro tiene e può anche trovarsi bello, viva il manierismo. Da Pieve di Soligo alla Foresta Nera il passo è breve, ecco dunque la heideggeriana ‘datità’ del titolo ‘oggettivare’ ripetuti neologismi, alcuni belli, sorellanza (non originale, è calco femminista di sisterhood), sentimentatore (in una poesia che riprende il primo sonetto della Vita Nova: «Io non ti rinnego morte dell’amore... tu mi hai strappato / il cuore e tenendolo tra le mani / mi mostravi l’organo statico del male / l’immobile sentimentatore che devasta ogni mente»), altri così così. Su questa via si innesta il tipico brusio filosofico del pensiero pensante e dell’ultrapensiero, e ci si imbatte nell’esemplare «ti ho vista-intenta essente del tuo cammino », dove la grammatica attinge, come nello Zanzotto forte del folletto Lacan, il limite della parodia. L’autrice eppure è tremendamente seria, ne fanno fede i molti (intensi) requiem intonati nella raccolta (Desire of burials near her sister, Stanze per una morta). Ma metabolizzato lo stile ‘noetico’ di quel grande autore (maschio), arriva a (non potersi più impedire di) scardinare alcuni assi portanti della (maniera di) scrittura femminile. Possono così essere coniugati momento riflessivo e momento menadico (frenetico, secondo pseudonimo): «Questa immobile fissità sono io? / È ancora la mia bocca questa furente serie di carni?» (uno dei molti attacchi interrogativi talvolta estesi all’intero componimento, con gesto retorico barocco, e il ‘metafisico’ John Donne è uno dei numi tutelari del libro, in filigrana a «vedevo i soli intenti a raffrenare la corsa / di un tempo remoto»). E soprattutto dal magma del linguaggio esce a sorpresa una non soltanto metalinguistica ironia: «ecco l’Arca (Tomba Scarpa-Brion) dove sono sepolti [i pensieri corporali] in cerchi / come la perfezione la castrazione (per es.: lo zione accanto a mia nonna)».
(Fabio Zinelli) ¬ top of page |
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